SPOSTARSI da un tipo all’altro di Consulenza Manageriale?

da Franco Guazzoni
In un precedente articolo abbiamo visto come possiamo classificare le richieste dei clienti in quattro categorie (che comportano altrettanti modelli di erogazione dei servizi di consulenza):

1. necessità di servizi standardizzati pronti per l’uso, con interazione limitata tra sistema cliente e fornitore di servizi (modello “farmacia”)
2. necessità di servizi standardizzati, ma con alto tasso di interazione tra cliente e Consulente (modello “infermiere”)
3. necessità di servizi la cui struttura non è affatto predefinita, ma viene definita in itinere, in base a ciò che emerge dall’interazione col cliente (modello “psicoterapista” o “medico di famiglia”)
4. necessità di servizi altamente specialistici e tagliati sull’esigenza del cliente, che si affida incondizionatamente al consulente prescelto (modello “chirurgo del cervello”).

I trend in atto tendono inequivocabilmente a ridurre gli interventi di tipo 4 a favore di quelli di tipo 1, mentre appare rimanere stabile la domanda di servizi di tipo 2 e 3. Risulta anche a voi?
 Ciò che vi propongo oggi è un approfondimento delle competenze che i Consulenti devono possedere per operare con successo nei vari segmenti individuati, e una riflessione sulla spinta evolutiva che si può cercare di dare ai servizi offerti.

 Il Consulente che si affaccia in forma autonoma alla professione, quale sia il bagaglio professionale che si porta dietro, di solito parte con il modello 2, in quanto dispone di buone conoscenze in un ambito specifico (il marketing, il controllo di gestione, la logistica, l’ICT, i sistemi di qualità, …, conoscenze acquisite in azienda o anche in Società di consulenza più grandi e strutturate). Le sue dovrebbero essere competenze d’avanguardia nella funzione specifica, e spesso si struttureranno per settore merceologico. Avrà anche una certa capacità di interagire col cliente, spiegandogli il perché dei suoi suggerimenti, e i vantaggi che ne potranno derivare. Il livello di capacità innovative richiesto in questo caso è quello specifico della funzione o del settore presidiati.
Spesso il nostro Consulente opererà per diversi anni seguendo questo approccio “funzionale”, ma il momento giungerà, presto o tardi, in cui gli si porrà il problema di come (e se) far evolvere i suoi servizi verso approcci diversi.
Da un lato il nostro Consulente potrebbe decidere di spingersi verso un’industrializzazione della sua offerta (modello di tipo 1), arrivando a predisporre “semilavorati” prefabbricati, da assemblare in funzione delle esigenze del cliente, o comunque standardizzando sempre di più i suoi interventi funzionali, per arrivare ad offrire ai suoi clienti competenza e know how incorporati in servizi ben definiti e realizzati in grande misura nei propri uffici. Così facendo si aumentano le possibilità di avere flussi di reddito stabilizzati, attraverso un meccanismo di “abbonamenti” periodici. Forte in questo caso comparirà nel nostro Consulente la componente “imprenditiva”, che lo spingerà verso la riduzione dei costi di produzione del suo servizio, reso in gran parte replicabile, sia pure con gli opportuni aggiustamenti, alle diverse tipologie di clientela.
Dall’altro lato il nostro Consulente potrebbe invece decidere di capitalizzare le competenze funzionali e le esperienze di relazione accumulate negli anni, per far evolvere la sua consulenza “tecnica” verso una consulenza che si arricchirà di componenti di processo e di relazione, ma soprattutto di una grande capacità di diagnosticare dove risiedono i problemi, arrivando rapidamente ad individuare cure efficaci e praticabili, che poi, eventualmente potrà anche aiutare a mettere in atto. Sarà così entrato nel modello 3, con la componente professionale prevalente su quella imprenditiva.
Al modello 4 di approccio (“chirurgo del cervello”), come già detto oggi meno diffuso rispetto ad un tempo, si arriva di solito dopo aver praticato la consulenza tipica del modello 3, oppure anche provenendo da professioni contigue al Management Consulting, come l’avvocatura o l’attività fiscale.
A questo punto si impongono due considerazioni: la prima è che muoversi nello scacchiere dei diversi modelli di approccio all’erogazione dei servizi di Consulenza di Management non può essere frutto di scelte casuali od opportunistiche, ma richiede una strategia adeguata, che dovrebbe essere il risultato di una buona riflessione sulle competenze che abbiamo, e sulle passioni che ci guidano.
La seconda è che, una volta entrati da un cliente con un’immagine e con un ruolo precisi, non è facile né consigliabile fare dei salti di ruolo o di posizionamento. Dall’idraulico che viene ad aggiustarci il lavandino, posiamo essere disposti ad accettare qualche consiglio pratico su come ottimizzare l’uso della lavastoviglie; forse – se è molto bravo e se ci è davvero simpatico – anche qualche consiglio sulla disposizione degli elettrodomestici. Raramente sull’arredamento della sala da pranzo, e ancor meno sugli investimenti finanziari o sull’educazione dei nostri figli!

Franco Guazzoni, CMC
Coordinatore Commissione Soci