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Gli aspetti culturali del management giapponese

Autore: Alberto Cossu

Il Giappone esce dal secondo conflitto mondiale umiliato e quasi privo di risorse finanziarie. Il FMI e la Banca Mondiale, a cui il Giappone è stato ammesso nel 1952, lo classificano come un paese in via di sviluppo, autorizzato a proteggere la sua economia. In quello stesso anno il governo attua una serie di linee politiche economiche che sono considerate tra le più razionali e produttive mai programmate da nessun governo al mondo.

Dal 1955 il paese inizia a crescere per 18 anni consecutivi senza interruzioni ad un tasso sorprendente del 10%. Il Giappone sceglie un modello di sviluppo di tipo EOI (Export Oriented Industralization) adatto alla situazione del paese in quanto attraverso l’esportazione consente di ricavare valuta estera per pagare le materie prime di cui è privo e le tecnologie necessarie per lo sviluppo. Il ruolo della burocrazia, in particolare del MITI (Ministero per l’industria e il commercio internazionale) è di grande rilievo nel miracolo economico giapponese, insieme con le trading company (sogo shosha) collegate alle nuove keiretsu che contribuiscono all’affermazione della potenza economica del Giappone all’estero monitorando i mercati e consentendo la loro penetrazione a favore dell’industria giapponese.

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E’ in questi anni che si forma e si consolida il modello di sviluppo economico del Giappone basato su una guida fortemente dirigista dell’economia da parte dello stato che protegge le imprese nazionali limitando le importazioni e ne favorisce, invece, le esportazioni consolidandone il 2 Agosto 2010 ruolo all’estero. E’ in questi anni che il MITI concentra i suoi aiuti su settori definiti strategici come il tessile sintetico, la plastica, la petrochimica, le macchine utensili, l’automobile, l’elettronica, si impegna direttamente con società miste nel settore della gomma sintetica e nell’aeronautica e chiede alle imprese una forte cooperazione e coordinamento delle loro strategie.  

A questo sviluppo contribuisce “la forza lavoro di primissima qualità, facilmente motivabile, ordinata, disciplinata, industriosa, obbediente e molto rispettosa del valore del lavoro con un forte disdegno per la negligenza” che offre una bassa conflittualità e favorisce un forte consenso aziendale.

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