Etica e consulenza: binomio inscindibile

da Giuseppe Spedicato
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Etica è una parola che deriva dal greco e significa “ricerca di ciò che è bene per l’uomo, di ciò che è bene fare o non fare”; in particolare, è quella parte della filosofia che studia la morale. Se parliamo, poi, di etica professionale, intendiamo anche scrupolosità nel lavoro unita, soprattutto in alcuni campi, alla riservatezza. In questi ultimi tempi il richiamo all’etica è diventato un argomento sempre più pressante nei discorsi di personalità della politica e dell’economia, perché, spesso, le cronache ci hanno dimostrato che la deontologia si è persa per strada.
In questo contesto, purtroppo, anche il settore della consulenza, soprattutto nell’ambito pubblico, è stato chiamato in causa e ciò a discapito di tutta la categoria dei consulenti di management.
Ecco, allora, perché APCO, l’associazione nazionale dei consulenti di direzione, che ha fatto dell’etica uno dei suoi punti di forza, ritiene fondamentale che chi svolge questa professione non possa prescindere dall’aderire  a regole di comportamento. L’associazione, fin dalla sua costituzione avvenuta nel 1968, si è dotata, infatti, di un rigoroso codice etico, adeguato via via ai cambiamenti avvenuti nella società civile. Tutti gli associati e gli aspiranti tali devono aderirvi a garanzia non solo della qualità professionale del consulente di management, ma anche a protezione degli interessi del cliente.

Per APCO, infatti, l’etica non deve essere percepita, come, purtroppo spesso accade, come una limitazione del business, ma anzi come una qualità assolutamente spendibile e un valore anche per colui che acquista consulenza. Un cliente soddisfatto, infatti, parlerà bene della propria esperienza e, probabilmente, acquisterà altra consulenza, mentre colui che ha vissuto un’esperienza negativa tenderà a estendere il suo giudizio sfavorevole a tutta la categoria.
Nell’applicare questo codice, APCO non entra nelle scelte personali dei singoli consulenti.
La decisione, ad esempio, di prestare la propria esperienza al servizio di clienti di cui non si condividono obiettivi o finalità è una questione che compete solo al singolo consulente e al suo approccio con il business, non all’associazione. Più in generale, il codice etico APCO si basa, su considerazioni che, a volte, potrebbero sembrare scontate, ma che l’esperienza ci dice essere bene ribadire.
In primis un codice valido, per evitare che rimanga lettera morta, deve toccare aspetti condivisi in cui i vari consulenti di management si possano ritrovare (relazione tra consulenti e clienti, i colleghi, la società…) e riguardare tutte le figure professionali coinvolte, oltre ad avere una diretta conoscenza dell’argomento trattato in modo che possa davvero essere efficace, per i potenziali utilizzatori.
Il codice etico deve essere specifico per ogni professione, visto che le caratteristiche sono diverse per le varie specializzazioni. Naturalmente, ci sono principi comuni e ripetuti, ma il valore di un documento ben fatto è proprio quello di definire e trattare le peculiarità delle varie professioni. Di conseguenza, nel codice APCO non vengono ribaditi concetti che dovrebbero essere già acquisiti in quanto trattati da leggi dello Stato (lavoro minorile, pagamenti in nero ecc…), ma viene dato spazio a quelle tematiche  meno definite che richiedono forme di autoregolamentazione basate sul rispetto di valori e del cliente.
Un codice efficiente deve essere poi dinamico, in quanto, l’etica delle professioni si evolve seguendo il cambiamento delle situazioni professionali. Nuove tecnologie e nuovi spazi di business creano condizioni e contesti professionali diversi che richiedono adeguamenti periodici.
Il codice APCO contiene, quindi, la definizione delle tempistiche di revisione così che esso sia continuamente adeguato e rimanga ben ancorato alla vita quotidiana della professione consulenziale.
Un altro punto importante da considerare, poi, è che il codice non è una norma; è sbagliato, quindi, considerarlo come un regolamento che indica specificatamente cosa fare in una certa situazione. Per natura, il codice affronta aspetti ambigui, dove spesso è difficile definire in modo netto e preciso uno specifico aspetto, e risulta perciò fondamentale la valutazione personale del consulente coinvolto.
Un suggerimento da tenere in considerazione è quello di evitare l’autoreferenzialità perché l’etica deve tenere presenti le diverse ragioni di tutte le parti coinvolte. E deve essere forte il rispetto delle specifiche situazioni professionali. APCO ha ben evidenziato che, in caso di incarichi contemporanei di natura simile presso aziende concorrenti, i soci sono tenuti a informarne le varie parti coinvolte. Se tutti seguissero questa norma, si eviterebbero circostanze poco piacevoli e imbarazzanti.
Infine, è indispensabile che sia previsto un sistema di verifica della corretta applicazione del codice, un organismo preposto a intervenire su eventuali comportamenti non coerenti, sanzionandoli con il grado di severità adeguato. APCO ha assegnato questa responsabilità al Collegio dei Probiviri, composto da soci iscritti all’associazione da almeno tre anni e regolarmente eletti.
E’ auspicabile che sempre più aziende e professioni si dotino di un codice etico rigoroso e che lo considerino un valore aggiunto da spendere nelle trattative di affari.
Non solo come scelta morale, ma anche perché si sta affermando un mercato in cui chi dimostra di avere comportamenti etici è premiato con i risultati conseguiti.

Giuseppe Spedicato, CMC - Vice Presidente APCO